CARPANETO PIACENTINO, EL PASO: 10 maggio 2003

Novara, 10 maggio 2003.

Alle 20.00 circa mi appresto a partire alla volta di Piacenza, per un concerto dei 60/70;
per quei pochi che ancora non lo sapessero, si tratta della più famosa di tutte le Deep Purple
"tribute-band".

Quello di stasera, fra l’altro, sarà uno show molto speciale, poiché è prevista la partecipazione
di un vero e proprio mito: il grande Ian Paice in carne ed ossa!

Grazie al mio "road book" (una dettagliata fotocopia della cartina stradale, tipo Parigi-Dakar),
raggiungo il locale entro l’orario previsto: a giudicare dalle auto nel parcheggio, ci sarà
un folto pubblico stasera. Infatti, quando entro ci sono già un sacco di persone che si
aggirano curiosi nella zona antistante il palco, gettando occhiate fameliche sugli strumenti
e, in particolare, sulla batteria che troneggia nel mezzo, in tutto il suo argenteo splendore.

Mi attardo un po’ davanti ad una buona birra tedesca e ad un panino di dimensioni XXL,
scambiando quattro chiacchiere con alcuni amici che ho il piacere di incontrare.
Verso le 11.30 ci dirigiamo verso la zona in cui si terrà il concerto e… aargghhh!!!
Il locale è strapieno, non c’è più spazio! Grr, mi tocca fare i sacrifici per insinuarmi tra la folla,
trasformandomi in un’anguilla per guadagnare posti; con molti sforzi riesco a piazzarmi tra
le prime file, ma la visuale non è delle migliori: chissà se riuscirò a scattare delle foto decenti?!

La band è già piazzata sotto i riflettori. Eccoli:
Piero Leporale: voce
Fabrizio Fratucelli: chitarra
Roberto Cassetta: basso
Paolo Cercato: tastiere
Arriva Paolo Sburlati (il batterista del gruppo), che presenta un "giovane promettente" alla batteria: Ian Paice!


In maglietta nera senza maniche, bandana rosa e occhialini rettangolari azzurri, ecco
davanti a noi uno dei più grandi drummer della storia, che risponde all’ovazione del pubblico
con un cordiale sorriso e, senza ulteriori indugi, batte il tempo con le sue bacchette magiche.
Here we go!

Si comincia con Fireball, il cui tempo viene scandito dai movimenti ondeggianti della folta chioma di Piero, alla Ian Gillan dei tempi d’oro: i ragazzi sono già entrati nel clima giusto
e Ian Paice mostra subito di che tempra è fatto, martellando le pelli con superba maestria;
Fabrizio lo guarda con compiaciuta ammirazione e dalla sua mimica facciale capisco che sta
godendosi in pieno questi momenti.

Il nostro mitico drummer non concede pause e cambia subito il tempo, passando alla
successiva Into the Fire, dalla ritmica travolgente, in cui si avverte una perfetta "quadratura"
tra i musicisti, le cui note si fondono in un splendido insieme. La gente fa sentire tutto il suo
entusiasmo con un applauso scrosciante: mi guardo intorno e noto che ci sono persone
di almeno tre generazioni, come a tutti i concerti dei Deep Purple ai quali ho assistito!

E’ ora la volta di Black Night, nella quale mi gusto gli stacchi e i passaggi di batteria,
sapientemente dosati: me li godo tutti ad uno ad uno e credo che tutti apprezzino queste
sfumature; tutti gli sguardi sono, è ovvio, per Ian, ma non bisogna dimenticare l’inconfondibile
stile di Fabrizio, il nostro Man in Black, che sprigiona dal suo Marshall e dalla sua magica
pedaliera sonorità fantastiche e capaci di suscitare fortissime emozioni.

A questo punto Piero presenta la classica Child in time, introdotta dalle tastiere di Paolo
Cercato. Anche in questo brano mi viene spontaneo pormi nella situazione di attesa dei passaggi di batteria, curioso di come Ian saprà condire questi indimenticabili accordi.
Ma anche qui non si può non citare la straordinaria performance di Piero, il quale spara
i suoi acuti a quote stratosferiche, con una tale naturalezza da sembrare un extraterrestre
e, addirittura, si permette pure qualche "extra", da autentico e raro fuoriclasse di razza.
Ian mostra di gradire assai la riuscita, alla fine, applaudendo con le sue bacchette.

Piero ringrazia e, parlando di Ian Paice, cita i Whitesnake, per presentare Fool for your
Loving: per me e per tutti i fans di David Coverdale è proprio una gradita sorpresa e, anche
in questa circostanza, i nostri eroi non tradiscono le nostre attese di irriducibili rockettari:
è un piacere indescrivibile cantare a squarciagola il ritornello, lasciandosi trasportare dalle
vibrazioni che ci trasmettono queste indimenticabili note!

Si passa allo strumentale Wring that Neck, in cui ciascun musicista dà prova della sua
estrema versatilità: il risultato è un meraviglioso intreccio di note con tremendi stacchi
mozzafiato, in un saliscendi di ritmo e di energia fino al trionfo finale, decretato da una folla
ormai in pieno delirio. Davanti a me un calvo signore di mezza età sta saltando con lo spirito
e lo smalto di suo nipote, battendo le mani come un ossesso: spero di non essere stato io
a procurargli qualche lesione cerebrale con l’obiettivo della mia macchina fotografica!
A proposito, comincio a dubitare della buona riuscita del mio reportage fotografico…

Si rallenta un po’ il ritmo con When a blind man cries, interpretato con una grandissima dose
di feeling grazie all’intesa fra i componenti della band ed all’inconfondibile sound di Fabrizio,
le cui note intessono una trama melodica di altissimo livello emotivo.
Dallo sguardo di Ian Paice intuisco che si senta davvero bene ed a proprio agio in mezzo
ai 60/70.

Tanto per rimanere sulla stessa intensità, si passa a Perfect Strangers, nella quale non si
può non ammirare il contributo della ritmica, pompata con energia da Ian e da un Roberto
Cassetta che, come sempre, spicca per il suo abbigliamento un po’ "rétro", tipicamente in
stile anni 70! Mi godo tutti gli stacchi, ad uno ad uno, e non perdo nemmeno una nota dello
splendido assolo di Fabrizio, che riesce a conferire un tocco suggestivo e, a tratti,
orientaleggiante, a questa meravigliosa canzone.
Improvvisamente mi sento afferrare al collo: mi volto e mi trovo di fronte al volto sorridente
del Conte (Wine Spirit), il quale non poteva certo mancare all’evento: che bella sorpresa!
Decidiamo di affondare un attacco alle prime linee per arrivare vicino al palco: con la scusa
di scattare delle foto, riesco a intrufolarmi fino a raggiungere la prima fila.

Intanto la band attacca con Lazy, che mi riporta indietro nel tempo: da vicino riesco a cogliere
le tipiche smorfie di Ian; e resto ipnotizzato dai movimenti delle dita di Fabrizio, che scorrono
in lungo e in largo con incredibile perizia lungo i tasti della sua mitica Stratocaster.
Cerco di fare il possibile per non schiacciare una malcapitata signora bionda che si trova
proprio davanti a me, poiché la gente delle prime file sta saltando e spingendo in
continuazione.

Ma il ritmo non accenna affatto a diminuire, anzi: con Speed King tutti quanti urlano, saltellano
e battono le mani in una escalation di entusiasmo ed è veramente impossibile non lasciarsi
coinvolgere; il Conte osserva con occhi esperti e particolare interesse, poiché spesso questa
cover viene proposta anche dai Wine Spirit.

Dopo un boato assordante accompagnato da un applauso, la chitarra di Fabrizio introduce
la bellissima Sometimes I feel like screaming, regalandoci ancora emozioni grazie all’atmosfera
suggestiva che riesce a creare; trovo il suo assolo semplicemente stupendo, in una parola:
sontuoso; mi scambio un’occhiata di intesa con il Conte e credo che anche lui sia della mia
stessa opinione. Finalmente riesco a scattare delle foto ravvicinate: speriamo che non risultino
troppo mosse!

Ora si passa a Smoke on the Water e tutti veniamo contagiati da Piero, il quale ci invita
a cantare il ritornello immortale: le braccia di Ian girano a grande velocità e penso a quante
volte avrà eseguito questo pezzo, durante la sua carriera! Dopo la chiusura "rossiniana",
al coro "Ian Paice, Ian Paice" che proviene da una platea ormai incontenibile, il nostro
drummer si alza in piedi sullo sgabello e chiede: "One more?"

Naturalmente non ci facciamo pregare di fronte a una richiesta così invitante, e come tanti
assatanati rispondiamo in coro; a questo punto la band attacca, guidata dallo scandire del
tempo delle bacchette di Ian ed eccoci subito accontentati con Highway Star, un’altra
importantissima pietra miliare della storia del Rock. Come un potente e magico locomotore
il rullo dei tamburi, incessante ed avvolgente, ci porta ancora una volta indietro negli anni,
e do un’occhiata panoramica intorno a me: stanno proprio cantando tutti, nessuno escluso!
E’ davvero straordinario il clima che si respira (a parte il caldo e il fumo): tutti quanti siamo
coinvolti nella magia della musica e ci lasciamo trasportare volentieri in questo magnifico
viaggio.

Un paio di scatenatissimi fans, in pieno stato di trance protendono in avanti le loro mani,
arrivando persino a sfiorare la Fender di Fabrizio, il quale ci delizia con un assolo che taglia
l’aria, per la gioia di tutti e, in particolare, mia e del Conte.

Sparo gli ultimi flash....
mentre la band raccoglie cascate di applausi che sembrano non finire mai.

Ci sarà il tempo, più tardi, per abbracciare i protagonisti e dimostrare, così, tutta la gratitudine
per averci regalato questo indimenticabile show! Alla prossima.


Marcello Catozzi

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